Veniamo al punto. Tu vuoi che il tuo testo compia l'iter canonico della valutazione in casa editrice, con tanto di redazione al lavoro sulle bozze e ufficio stampa pronto a promuovere il tuo nome in ogni dove? Benissimo: c'è un ostacolo, ti avverto. E si chiama rilevanza autoriale. È capitato a me, è capitato a chiunque, puoi avere in mano il romanzo del secolo che sarà faro per le prossime generazioni di scrittori, ma per far sì che compia il suo destino, devi riuscire a farlo leggere a qualcuno. E quindi, quel qualcuno, lo devi anche convincere a spendere del tempo dietro a te. Gli editori ne ricevono a vagonate di proposte, non è solo un luogo comune, quindi chi siamo noi per biasimarli se, sopraffatti dalla carta straccia (e dalle spese, perché, sì, anche loro pagano le bollette e l'affitto), abbiano deciso di utilizzare un filtro per tutte quelle proposte? Filtro, esatto, che tradotto vuol dire "delegare lo scouting agli addetti ai lavori", tipo me e tanti altri che lo fanno di mestiere. Che, tradotto in termini ancora più blandi, significa: "se arrivano cento inediti in casa editrice, e di quei cento se ne leggono cinque, quattro di questi ultimi saranno stati inviati da editor e/o agenzie".

Cosa ci guadagno a proporti? Nulla. Mi sembra semplicemente buona prassi concludere un percorso, e mandare una mail o alzare il telefono non mi renderà passibile di querela.

Lo faccio per tutti? No. Lo faccio per i romanzi che avranno raggiunto uno standard qualitativo dignitoso. Perché a nessuno piace perdere tempo, né a me, né a te, né tantomeno agli editori.

"Quindi non c'è speranza per il mio libro, povero esordiente che non sono altro?". Certo che c'è speranza. Bisogna solo capire cos'abbia di buono il tuo testo e quale sia la realtà più incline ad accoglierlo.

Come dicevo sopra, o da qualche altra parte, dammi qualcosa da leggere e potremo farci un'idea più chiara.

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